La Mia Prima Fragola

By: Pleasure House 21-11-2020

La Mia Prima Fragola
Izabel Nevsky

Disobbedienza e ribellione. Il bruciante desiderio di eludere un’educazione troppo rigida per i suoi istinti, troppo radicata nel conservatorismo per poter permettere alla giovane protagonista del racconto di esprimersi e scoprire se stessa come ha sempre necessitato. La banale e materialistica voglia di un abito bianco, bellissimo, ma evidentemente fuori dai parametri accettabili dalla stessa educazione di cui sopra.

Rompere le catene, distruggere la gabbia ed ottenere ciò che il corpo richiede, desidera, brama. L’estate fa da sfondo all’infrangimento tra poco narrato dalla scrittrice italo-russa Izabel Nevski, e un piccolo chiosco sul mare è il palcoscenico per una giovane cameriera protagonista del sogno di poter ottenere il tanto ambito abito bianco, simbolo della libertà ottenuta, dell’emancipazione da una famiglia non disposta a scendere a compromessi, bandiera del raggiungimento e della scoperta di un nuovo lato di se stessi.

A noi della PH colpisce, dopo una prima lettura, la dettagliata descrizione di ciò che farà veramente scoprire alla giovane cameriera un nuovo lato di se stessa, l’assaggio della sua prima fragola e l’ottenimento ultimo della nuova identità: la giovane e curiosa dipendente del bar diventa una donna, desiderabile e sicura, sempre più curiosa, sempre più forte, colpita, in positivo, dal sapore della sua prima fragola e bramosa di assaggiarne altre.

Una lettura carica di sensualità e scoperta, quella prima volta che in qualche modo ci accomuna tutt*, condita da stupore, perplessità, un pizzico di timore ma soprattutto, con un crescendo che Nevski sottolinea perfettamente, desiderio. Noi della PH ringraziamo Izabel Nevski per aver condiviso con noi il suo lavoro e auguriamo a tutt* voi una buona lettura.

E’ sempre festa nella casa del piacere.

La mia prima fragola

by: Izabel Nevsky

Il proprietario del bar si chiamava Boris. Era un uomo corpulento, burbero e anaffettivo come mio padre. Nella pausa del pomeriggio si rinchiudeva nello sgabuzzino sul retro, dove aveva una scalcinata brandina. Due volte la settimana lo raggiungeva Olga, la sua amante, che gestiva un piccolo chiosco di gelati a pochi passi da lì. Quando ne uscivano, avevano entrambi un'espressione provata ed eludevano il mio sguardo, quasi volessero negare ogni evidenza. Alla fine di agosto non avevo ancora racimolato l'intera somma che mi serviva per acquistare l'abito dei miei sogni e ne era rimasto solo uno della mia taglia.

In quei giorni, Olga aumentò sensibilmente il numero delle sue visite, un pomeriggio la vidi allontanarsi in lacrime. Seppi poi che suo marito era stato trasferito e lei non aveva potuto rifiutarsi di seguirlo. Boris mi parve molto turbato e divenne più taciturno del solito. Una settimana dopo, preoccupata del fatto che qualcuno mi portasse via l'abito che avevo tanto desiderato, lo affrontai prima della pausa di riposo e gli domandai se potesse in qualche modo anticiparmi la somma necessaria.

Sembrò disinteressato alla questione e non mi degnò eppure di una risposta, lasciandomi nella disperazione. Due ore più tardi, pochi minuti prima della pausa di mezzogiorno, mi chiamò in disparte. - Posso darti il denaro che ti serve, - esclamò - ma devi fare una cosa per me senza che nessuno lo venga a sapere. - - Che cosa? - gli domandai con un filo di voce. Attese qualche secondo prima di rispondere, guardandosi attorno con circospezione, poi mi afferrò per un braccio e mi tirò in disparte: - Dopo che avrai acquistato quell'abito, dovrai tornare subito qui, indossarlo, e sederti sulla mia faccia. - Così dicendo, prese dalla tasca una grossa banconota e me la porse, trattenendola con le dita. Attese il mio cenno di assenso prima di liberarla, poi mi invitò ad andare.

La felicità di poter correre immediatamente al negozio attenuò le altre circostanze, lasciandomi indifesa di fronte a quella strana proposta. Mi ero già tolta il grembiule per recarmi in città, quando tornai sui miei passi. - Per quanto tempo? - gli domandai - Intendo per quanto tempo dovrò restare seduta sulla tua faccia? - - Finché ti andrà di farlo, - grugnì - ma deve restare un segreto tra noi! - Ero troppo ingenua a quei tempi per comprendere a fondo il senso di quella proposta, oppure la smania per quell'abito bianco, troppo corto e audace, mi aveva privata di ogni pudore.

Lo indossai nel camerino del negozio e usai la sua scatola griffata per infilarci dentro i miei abiti da lavoro. Quando tornai al chiosco, Boris finse di non vedermi. Mi atteggiai davanti al bancone e ricevetti soltanto un impercettibile gesto con cui mi invitava a precederlo nello sgabuzzino sul retro. Lo sentii abbassare la saracinesca e solo allora cominciai a preoccuparmi. Quando mi raggiunse, provò a sorridere: - Conosco tuo padre, - sussurrò - e non mi permetterei mai di farti del male. Voglio soltanto che ti sollevi la gonna e ti siedi a gambe larghe sulla mia faccia. Se farò qualcosa che ti darà fastidio, ti alzerai e fingeremo che non sia mai accaduto niente . - - E il vestito che mi hai comprato? - obiettai. - Si tratta di un regalo, in ogni caso è tuo e te lo potrai tenere. - Fu quel suo modo tranquillo a convincermi. Non volevo sentirmi in debito con lui e, in fondo, non riuscivo a collocare la sua proposta tra i pericoli a cui dovevo fare attenzione.

Boris si sdraiò sulla brandina con la testa sul cuscino e mi invitò a salire sopra di lui. - Appoggiati con le mani, - mi guidò - e allarga bene le gambe. - Il primo contatto fu tra le mie cosce e le sue guance, ruvide di barba. Subito dopo mi afferrò per i fianchi e mi sistemò sulla sua bocca. Lo strusciare del suo naso sulla parte anteriore del pube mi fece sentire strana. Era come se una tensione sconosciuta mi vibrasse dentro il ventre, trascinandomi su un sentiero proibito. Abbassai lo sguardo e nella penombra incontrai i suoi occhi.

continue reading..